domenica 28 settembre 2008

THE NANNY DIARIES

Diario di una tata, Nanny diaries in inglese, è un film di formazione condotto con i toni della commedia raffinta, che vuole anche essere una satira dell'alta società newyorkese. Il tutto addolcito dalla classica storia d'amore che ricopere un ruolo minore nello svolgimento del film (almeno in termini di tempo), ma ci regala l'inevitabile happyend.

E' la storia di Annie (Scarlett Johansson), brillante ragazza appena uscita dal college, la cui madre, infermiera single, la vorrebbe veder laurearsi in economia. Lei invece è confusa: l'ambiente la indispone e la sua passione è l'antropologia. Quasi per caso finisce a fare la tata per la ricca famiglia X e da qui partono le sue (dis)avventure.

E' un film piacevole, con dei momenti divertenti. Se non sapete che fare un pomeriggio o una sera e avete voglia di una commedia questa potrebbe essere una buona scelta. Soprattutto se volte qualcosa un po' diverso, un film in cui la storia tra una ragazza e il bel ragazzo della porta accanto (o come lo chiama lei del figaccione di Harvard) è solo il corollario della parabola della protagonista, che parte alla ricerca di sé stessa, ma si ferma quasi subito, sommersa dal lavoro di allevatrie surrogata.
Sullo sfondo una famiglia dell Upper East Side di Manhattan, che il film descrive con ironia. Dalla mamma impegnatissima non far nulla, che passa le sue giornate dividendosi tra centri benessere, beneficienze mondane e un'irreale corso sulla gestione della "Tata", al padre assente, così assente che il suo viso viene inquadrato per la prima volta quando Annie entra nel suo ufficio e lo sorprend in atteggiamenti equivoci con una collega, passando per il piccolo Grayer, pargolo pstifero e dolcissino che avrebbe solo bisogno di un po' di normalità e attenzione da parte dei genitori.

La critica sociale è però abbastanza superficiale. La mamma di Annie è convinta che una carriera nel mondo della finanza renderanno la sua brillante figlia felice, regalandole denaro e liberandola dai turni di notte (è un'infermiera). Ma la nostra eroina scoprirà che i soldi non danno la felicità, anzi, a volte allontanano le persone e le rendono infelici. A volte creano famiglie disfunzionali i cui membri soffrono terribilmente, a volte per incapacità di comunicare, magari pur volendosi bene (la Sig.raX con Grayer), a volte per indifferenza totale (il Sig.X con la moglie e il figlio). Decide quindi di seguire il suo sogno, si iscrive al college che davvero vuole frequentare e si mette con il ragazzo che ama e che, tra l'altro, è ricco sfondato.Con un po' di malizia si potrebbe pensare che Annie si avvii a passi lunghi e ben distesi a diventare una nuova Sig.raX, laurea inutile senza sbocco professionale e marito ricco. Sulla famiglia X il passaggio della Tata ha avuto lo stesso effetto di una moderna Mary Poppins, che attraverso la sincerità e un po' di normalità (non più la disciplina come nel celebre film Disney), istaura una nuova armonia familiare, suggerendo alla Sig.raX il vero valore della famiglia.

Non sarebbero pecche gravissime se non fosse che questo film, qualche pretesa ce l'ha. Vuoi per i continui fuoricampo con riferimenti all'antropologia, in cui si cita spesso e volentieri Levi-Strauss o per la scelta della Johansson come protagonista, attrice giovanissima, il cui nome è già indissolubilmente legato a una certa tipologia di flm di qualità.

Ultima osservazione, i tre requisiti per le Tate dell'Upper East Side citati all'inizio del film sono: bianca, laureata e asessuata (un flirt è motivo di licenziamento). Però, a parte Annie, tutte le altre tate sono straniere che difficilmente hanno avuto modo di studiare nei paesi di origine.

GIUDIZIO: è una commedia ben presentata, abbastanza divertente e non noiosa, la cui pecca è quella di avere delle pretese che poi disattende. Poteva essere un 7 se si fosse presentata con maggiore semplicità, addirittura 7.5 perché aveva la possibilità di offrire alcune riflessioni originali. Invece prende 6, dal momento che l'aspetto di critica-satira è veramente debole.

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