lunedì 22 settembre 2008

I GIOVANI E I GRANDI

Oggi sono in vena di polemiche. L'argomento è il tipico tema da programma pseudo-giornalistico pomeridiano, da Itlaia sul Due per intenderci: perché i giovani sembrano arrancare, nel tentativo, spesso fallimentare di entrare nel mondo degli adulti?

Prima di cominciare ci tengo a sottolinere che i "giovani" costituiscono un mondo sfaccettato e variegato, esattamente al pari degli adulti. Un giorno, quando accadrà, sarò molto grata a chi mi spiegherà perché le differenze tra un operaio quarantenne e un medico quarantenne sono tali che nessuno parla degli "adulti" come una categoria, però nessuno si fa particolari problemi a considerare sostanzialmente identici un ventenne che lavora in fabbrica e uno studente universitario.

Detto questo, se bisogna fare un discorso generale è necessario generalizzare, estrapolare il concetto. Partiamo quindi dall'unica cosa che tutti i "giovani" hanno in comune: l'età. Tutti appartengono a una determinata fascia di età anagrafica, che si pone tra l'infanzia e l'età adulta, i cui confini sono oltretutto abbastanza indefiniti e tendono ad ampliarsi sempre più. La maggior parte ha la prospettiva di dovere, un giorno uscire dal limbo in cui si trova, fatto di libertà e non responsabilità. Hai dei soldi tuoi, di cui puoi disporre come meglio credi (sei libero), però non li guadagni, non ti mantieni (non hai responsabilità).

Il mondo degli adulti, d'altra parte, si mostra invece ostile e poco invitante.
L'ostilità è rappresentata magistralmente dalla grande figura allegorica che tutti noi abbiamo incontrato almeno una volta nella nostra carriera scolastica, il professore che fa l'amicone e poi te lo mette nel c**o, non per cattiveria, ma per assoluto disinteresse, derivato da una bassissima stima nei tuoi confronti. Il ragionamento alla base è più o meno questo: da giovane ero un cazzone, quindi anche tu lo sei. La vostra è stata la prima generazione di giovani ed è solo per questo che un minimo siete stati presi sul serio (quelli di voi che hanno deciso di fare i giovani), ma ora noi non abbiamo più la carta del mistero da giocare. Il costume, le mode e le abitudini cambiano, ma il fatto di essere ragazzini alle prime armi, è costituzionale nell'essere giovani, dipende dall'età, quando uno acquisisce esperienza, automaticamente non è più giovane, ma adulto. I vostri adulti questo non lo sapevano, voi sì. L'ostilità più difficile da combattere è la propria trasparenza.
Inoltre è poco invitante. Concretamente la nostra prospettiva per il futoro è da film dell'orrore. Studi e ti laurei, prima consegui un'inutile laurea breve, poi la specialistica. L'approccio con l'università tende a darti gli strumenti per affrontare complicate procedure burocratiche, districarti tra siti web in allestimento, che dopo poco diventano in riparazione, mille segreterie dislocate per la facoltà in modo tale da essere il più distante possibile l'una dall'altra, docenti che si fanno attendere come un amante offeso. Gli strumenti per la professione cui dovrebbero prepararti passano in secondo piano, totalmente.
Una volta sconfitta l'Università-matrigna (impresa che lascia sul campo molte vittime, la maggior parte dei quali sono in realtà suicidi) si apre una nuova battaglia: il lavoro. Potenzialmente senza fine, a meno che non ci mettiamo a fare quello che i nostri genitori non hanno fatto: proliferare come conigli, così quando saremo vecchi (ma non vecchissimi e con un piede nella tomba), ci saranno un sacco di "giovani" disposti a mantenerci... Però quano si fanno 'sti benedetti figli? Sicuramente bisogna aspettare la laurea, poi già che ci siamo aspettiamo di avere una situazione economica che possa almeno garantire un tetto sopra la testa sicuro e senza l'aiuto dei genitori, il posto fisso magari no, se no i figli si cominciano a fare dopo la menopausa...
Tutta la nostra vita ci si dipana davanti come una lunga corsa faticosissima, in cui ci sono due possibilità, ugualmente deprimenti. O si eccelle, lavorando come muli e rinunciando alla famiglia (soprattutto se si è donne). Potere contrattuale, soldi, bella vita tre ore a settimana (quelle che ti restano libere) e ulcera gastrica, nel migliore dei casi. O si sceglie la via della mediocrità, che oggi pare non permettere più una vita dignitosa (e per dignitosa intendo dignitosa, non lussuosa). Lo spettro è quello di essere sostituito in un batter d'occhio da persone più economiche, siano essi altri giovani (più giovani) o immigrati. Il posto fisso non è più attuale, non è più qualcosa cui dobbiamo aspirare,... peccato, perché era una bella cosa, soprattutto per tutte quelle persone che lavoravano per vivere, ma non vivevano per lavorare. Dava quella sicurezza, che ti permetteva di dedicarti anche ad altro.

Alla luce di questo, mi chiedo perché mai una persona sana di mente dovrebbe farsi in quattro per ottenere qualcosa, che è probabilmente peggio di quello che ha già? La risposta è ovvvia, perché è inevitabile, perché quello che abbiamo già non è imperituro, ma destinato ad esaurirsi. diventare grandi è ineluttabile, diventare adulti necessario. A volte però è una prospettiva deprimente.
Perdonateci quindi se non ci mettiamo troppo entusiasmo!

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