domenica 30 novembre 2008

NESSUNA VERITA'

Nessuna verità è l'ultimo thriller di Ridley Scott sulla lotta la terrorismo. Protagonisti tre spie. Leonardo DiCaprio è Roger Ferris, agente della CIA di stazza in Medio Oriente, Russel Crowe è Ed Hoffman, il suo supervisore dall'America, Mark Strong è Hani, capo dei servizi sgreti giordani.



Il film ricostruisce la caccia al terrorista Al-Saleem, la prospettiva principalmente è quella di Ferris, ma la pellicola si regge soprattutto sullo scontro tra i tre "cacciatori", alleati, che non si fidano l'uno dell'altro, accomunati da un obiettivo immediato, ma guidati da diverse ambizioni. La verità è mutevole, ognuno ci gioca, la modifica a proprio vantaggio.

Il film è bello e il grande Leo non delude, sempre una garanzia in quanto a qualità dei film interpretati. Purtroppo non siamo ai livelli di The Departed, qui sembra mancare qualcosa. Forse quell'unità, quella compattezza, che danno al film un senso di opera pienamente compita. Da questo punto di vista i numerosi cambi di location,pur essendo perfettamente funzionali alla storia, necessari, non aiutano.
Ci si trova comunque davanti a un'opera di qualità, che si merita ampiamente i 7,50€ del biglietto del cinema.

TWILIGHT

Sabato scorso, dopo una giornata di studio intenso, senza aer messo il naso fuori di casa, la mia coinquilina mi chiede di accompagnarla al cinema, - voglio vedere il film nuovo quello sui vampiri, deve essere una stronzata, ma carino. E io ingenuamente accetto.



Le cose poitive della serata sono state due:
1- avevo la macchina e sono riuscita a parheggiarla esattamente di fronte all'ingresso del cinema (quindi non abbiamo preso freddo)
2- alla proiezione delle 10.30 eravamo tutti piuttosto grandicelli (tra i 20 e i 30, ovvero niente quindicenni invasate) e tutta la sala era pervasa da questo senso di disagio profondo, tutti ridevano e nel momento del tanto agoniato bacio, dal fondo qualcuno urlò: - Aoh! Ma daglielo!!

Ora passiamo il film che di aspetti positivi ne ha veramente pochi.
Per chi ancora non lo sapesse, la storia ruota attorno a Bella e Edward. La prima è un'adolesente solitaria e sbadata, trasferitasi dalla calda Arizona, dove viveva con la madre, nel posto più piovoso deli Stati Uniti, dal padre, tipo di poche parole (ma molto simpatico per quanto mi rguarda). Lui invece è un vampiro, ovviamente buono, o megli appartenente a una setta di "vegetariani". Si innamorano, ma i problemi sono tanti, in prmis il fatto che lui è un vampiro vorrebbe mangiarsela!

Ora, con un canovaccio del genere, non bisogna essere dei geni per capire che il film è una cazzata e infatti con questa aspettativa siamo andate al cinema, quel che non ci aspettavamo è che fosse fatto così male. I dialoghi irreali e comici anche nei momenti più drammatci, la recitazione poco convinta (per essere buoni), le scene d'azione che infondevano meno adrenalina di Beautiful. Le scene più riuscite erano quelle volutamente comiche, come la visita nella casa dei Cullen (la stetta-famiglia di vampiri vegetariani).

Ci sono poi altri dettagli cha a me non sono piaciuti, ma questo è un giudizio al 100% personale. In primis, l'aspetto un po' emo dei vampiri, che non mi appagava l'occhio, e poi i protagonisti che, soprattutto all'inizio sembrano-sono dei veri e propri diadattati sociali.

In soldoni, è un Moccia in salsa horror, adatto se avete 15 anni e siete femmina. In tutti gli altri casi statene lontani, o se proprio dovete vederlo per cause di forza maggiore, guardatelo con ironia, prendetelo per un film comico e fatevi due risate.



Dopo tutte queste belle parole ci tengo a precisare che se alla fine gireranno i sequel (è tratto da una tertralogia) non ce ne perderemo uno, così per il piacere di farci del male!

venerdì 28 novembre 2008

GRAZIE TRENITALIA...Diario personale, puntiglioso e puntuale di una pendolare settimanale incazzata


28 Novembre 2008

Era da tanto che non prendevo più il treno... Per un motivo o per l'altro era quasi da un mese che la traversata Brescia-Milano e Milano-Brescia la facevo in macchina, sulla drittissima A4, un'unica curva (a Bergamo), su quasi 100 km!

Oggi dunque il mio conflittuale rapporto con le FS ha vissuto un altro momento indimenticabile.
Tutto comincia la mattina, quando mi trascino in bagno e un tic tic costante sui vetri attira la mia attenzione. Apro la finestra per vedere cosa succede fuori, ed eccoli, leggiadri fiocchi bianchi che cadono danzando da un cielo perlato... Cazzo, nevica! Avevano appena revocato lo sciopero in soliderietà al dipendente FS, licenziato per aver selato il segreto di pulcinella: neanche gli Eurostar sono sicuri, ed ecco apparire un'altra ombra che oscura la "lunga" strada verso casa: la neve.
Piena di timori mi faccio prendere da un eccesso di zelo, devo essere assolutamente a casa nel pomeriggio e cerco di prendere il treno il prima possbile. A 12.50 sono in stazione e... sorpresa la ituazione ritardi è più che dignitosa, tutti contenuti tra i 15' e i 30' (con l'eccezione del treno proveniente da Palermo, che aveva le fisiologiche 4h30' di ritardo) e in decrescendo. Purtroppo una volta che TrenItalia non fa grossi danni ci metto del mio... L'Eurostar di 12.55 è pieno (e costa troppo), il regionale di 13.15, non esiste, ma parte direttamente da Lambrate alle 13.20 e in questo modo il primo treno disponibile è quello di 14.05, tariffa 9€.
L'attesa è lunga ed estenuante, prima salgo sui binari, per cercare di capire se ci sono ritardi o che, sulla banchina fumo una sgarette e pian piano la mia temperatura corporea sta lentamente scendendo, le mani iventano due pezzetti di ghiaccio. Rientro nella zona più riparata, ma si gela anche lì. Dopo un po' l'illuminazione geniale, la biglietteria, scendo al piano terra e la situazione migliora leggiermente, poi vedo gli sportelli, un una stanza a parte, riparata. Entro, è il paradiso. Con l'i-pod nelle orecchie mi siedo per terra e nel tepore ritrovata, affiancata dal mio trolley rosa salmone e il mio Eastpak rosso, aspetto che il mio trano arrivi sui binari.
Alle 13.50 ritorno sulla banchina, binario 10 e non appena arrivo, cosa mi trovo davanti, un fantastico Cisalpino. Bello, comodo e pulito, tutto ciò che di solito non sono gli Intercity, verrebbe quasi da dire Dio benedica gli svizzeri, peccato che in Italia sia gestito da TrenItalia, stessa organizzazione, stesso personale, tutto uguale, tranne il risultato.

domenica 23 novembre 2008

ENTRE LES MURS - LA CLASSE

"Laurent Cantet [...] torna ad un argomento che ci riguarda, più o meno direttamente, tutti: la scuola.
Grazie all'esperienza, tradotta in una sorta di diario di viaggio attraverso un anno scolastico, dell'insegnante François Bégaudeau il regista ci aiuta a riflettere su quanto l'equilibrio di una realtà classe (anche non border line)oggi possa rivelarsi estremamente precario.
Dopo un complesso training con i giovani attori presi questa volta non 'dalla strada' ma 'dalla scuola' e scegliendosi come protagonista il Bégaudeau reale, Cantet affronta con piglio da documentarista una realtà che studenti e docenti vivono in modo analogo non solo a Parigi o in Francia. Senza enfasi né retorica il docente e il regista ci mostrano quanto il ruolo di insegnante così come quello di studente siano oggi sempre più complessi e, in qualche misura, da provare a ricostruire dalle fondamenta."



Trailer

Bello, bello, bello!
Era da un po' che non uscivo così soddisfatta da un cinema. Era da una vita che non uscivo da una sala sentendomi "arricchita", con la voglia di commentare quanto visto, di ragionare sui temi presentati dalla pellicola.

La citazione soprastante (tratta da uno dei miei siti prefeiti che raccomando vivamente a tutti, MyMovies), descrive benissimo l'opera: il racconto di un anno scolastico in una scuola media parigina del XX arrondissement. Viene descritta solo la vita scolastica,le lezioni, i consigli di classe e i colloqui, di quel che succede fuori dalle mura dell'istituto non si sa nulla, o meglio si sà qualcosa, ma sempre in modo indiretto, per sentito dire. Quel che succede fuori non è mai mostrato, al più viene raccontato.

Ma veniamo ai motivi che mi hanno fatta innamorare del film.
Innanzittutto, è assolutamente europeo, lontano anni luce dalla retorica americana dell'insegnante-giovane-e-appassionato-che-arriva-in-una-scuola-di-periferia-e-tresforma-una-casse-di-delinquenti-in-un-gruppo-di-premi-plitzer. Qui c'è un bravo insegnante NORMALE, uno che è nella stessa scuola da quattro anni e da quattro anni cerca di insegnare, di instaurare un dialogo con ragazzini svegli, ma disinteressati, proveninti da substrati culturali e familiari profondamente eterogenei. Non ci sono eroi (né mostri), ma uomini di buona volontà, che si scontrano soprattutto con la pigrizia dei colleghi e la resistenza passiva degli adoloscenti.
Di particolare interesse è la rappresentazone dei ragazzi, schietta e sincera. Da un lato gli aspetti tipici dell'adolescenza, gli adolescenti (anche nelle scuole bene italiane) sono tipicamente strafottenti, in una fase di contrapposizione al mondo degli adulti, con cui possono anche dialogare, se opportunamente stimolati, ma sempre in modo teso. E' rappresentato quel limbo tra l'infanzia e l'età adulta, che in realtà è un vero inferno, a volte eccitante, ma comunque sempre terribile. Dall'altra i sono i probleme relativi alla situazione particolare della scuola considerata. La maggior parte degli studenti sono figli di immigrati, alcuni semrano venire da famiglie violente. A scuola si sta insieme, i ragazzi tendono a formare gruppi di provenienza omogenea, ma non è una regola fissa, la suddivisione non è rigida e le tensioni massime si hanno durante la Coppa d'Africa, per ragioni calcistiche.

Ci sono poi alcuni personaggi più approfonditi di altri, tra tutti i ragazzi spiccano Esmeralda e Soulayman. Quest'ultimo è il problema della classe, indisciplinato, non studia e risponde male, la sua è una parabola dicendente, che lo porterà all'espulsione. Il susseguirsi di eventi sfocia nell'atto disciplinare, è un meccanismo perverso (e molto reale), per cui le provocazioni dello studente generano sempre risposte non proporzionali, o insufficienti, oppure percepite dallo studente come eccessive e ingiuste. Il rapporto insegnante-alunno si guasta, tutto quello che dice o fa l'insegnante è considerato in mala fede e lo studente reagisce di conseguenza. L'espulsione è un atto estremo, è la scuola che si arrende, getta la spugna. Il professore non vorrebbe farlo, ma i suoi colleghi decidono per lui. E la domanda resta, se Soulayman non fosse stato espulso sarebbe cambiato qualcosa? In che modo sarebbe riusito a dialogare con il ragazzo?

Ma per una parabola discendente, ce ne sono molte altre in salita,alla fine è così anche nella vita vera, la maggior parte delle persone finisce la scuola ed impara qualcosa. Anche se questa scuola ha molti difetti, in alcuni casi addirittura non riesce a insegnare nulla, non riesce nemmeno a far capire agli studenti perché si trovano lì (è questa la scioccant confessione che una ragazza fa al professore nel finale del film, l'ultimo giorno di scuola).

In conclusione ifine, una nota di stile, è un film girato come se fosse un documentario, in cui recitano i protagonisti reali della storia raccontata. Non è un merito particolare, ma all'interno di un'opera riuscita, questi virtuosismi conferiscono al lavoro un ulteriore valore aggiunto.

giovedì 20 novembre 2008

I Love Death

Bello.
Ho beccato qst video su YouTube e visto che è da un po' che non posto nulla...
La canzone non è male, anche se non conosco il gruppo che la suona.
Il video invece è geniale, grafica semplice, ma caustico, sconsolato, con quello humor nero che fa ridere sulle miserie più profonde della nrmale, banale vita comune.

venerdì 14 novembre 2008

VATTENE AIR FRANCE



Che dire? semplicemente geniale.

Crozza Live è un programma con molti difetti, il più grave è l'incapacità di gestire il tempo di una trasmissione comica. Questo però non toglie nulla alla genialità di Crozzza come attore, che regala ogni volta momenti sublimi.

domenica 9 novembre 2008

ELEZIONI U.S.A.

President-Elect Barack Obama in Chicago

Barack Obama was elected the 44th President of the United States on November 4th, 2008 in Chicago.



Una considerazione veloce su queste elezioni.
Non amo particolarmenete Obama, anche se sicuramente lo preferisco a Mc Cain. Il motivo è semplice. Da un lato il candidato repubblicano, ultraconservatore, con un vice presidente francamente inquietante. Dall'altro un grande "?". Obama era un totale outsider di cui poco si sapeva e in fondo poco si è capito dalla campagna elettorale, gonfia di bei discorsi sugli ideali, sull'America, ma debole nei punti concreti. Macchiavelli sosteneva che il fine giustifica i mezzi, ma in realtà i mezzi determinano il fine, se sò i principi che ispirano una persona, non so nulla, perché:
a) potrebbe non essere in grado di raggiungere gli obiettivi che si pone;
b) potrebbe usare mezzi che reputo inammissibili.

Comunque tra un NO e un ?, anch'io avrei scelto il ?, sperando che in questi 4 anni si risolva per un SI'.

A parte questo il discorso per l'elezione è stato bello, anche perché in quest'occasione i grandi ideali erano più che appropriati.
L'incipit del discorso:
Ciao Chicago!

Se ancora c'è qualcuno che dubita che l'America non sia un luogo nel quale nulla è impossibile, che ancora si chiede se il sogno dei nostri padri fondatori è tuttora vivo in questa nostra epoca, che ancora mette in dubbio il potere della nostra democrazia, questa notte ha avuto le risposte che cercava.

La risposta sono le code che si sono allungate fuori dalle scuole e dalle chiese con un afflusso che la nazione non aveva mai visto finora. La risposta sono le persone, molte delle quali votavano per la prima volta, che hanno atteso anche tre o quattro ore in fila perché credevano che questa volta le cose dovessero andare diversamente, e che la loro voce potesse fare la differenza.

La risposta è la voce di giovani e vecchi, ricchi e poveri, Democratici e Repubblicani, neri, bianchi, ispanici, asiatici, nativi d'America, gay, eterosessuali, disabili e non disabili: tutti americani che hanno inviato al mondo il messaggio che noi non siamo mai stati un insieme di Stati Rossi e Stati Blu. Noi siamo e sempre saremo gli Stati Uniti d'America.

La risposta è ciò che ha spinto a farsi avanti coloro ai quali per così tanto tempo è stato detto da così tante persone di essere cinici, impauriti, dubbiosi di quello che potevano ottenere mettendo di persona mano alla Storia, per piegarla verso la speranza di un giorno migliore.

È occorso molto tempo, ma stanotte, finalmente, in seguito a ciò che abbiamo fatto oggi, con questa elezione, in questo momento preciso e risolutivo, il cambiamento è arrivato in America.

domenica 2 novembre 2008

GRAZIE TRENITALIA...Diario personale, puntiglioso e puntuale di una pendolare settimanale incazzata


Domenica, 2 novembre 2008

Siccome ho detto che il diario sarebbe stato puntuale, due righe le scrivo anche oggi per dire che il viaggio è andato bene.
Il treno Brescia-Milano delle 18.37 è partito ed arrivato puntuale, non debordava di gente né era particolarmente sporco.
Io ho evitato di attentare alla mia vita e qst ha reso il viaggio ancora più piacevole...

sabato 1 novembre 2008

GRAZIE TRENITALIA...Diario personale, puntiglioso e puntuale di una pendolare settimanale incazzata

Venerdì, 31 ottobre 2008


Sono a casa, guardo l'orologio e segna le 14.50. Indosso l'impermeabile prendo borsa e trolley in una mano e l'ombrello nell'altra. Fuori diluvia.
Mi avvio a piedi verso la stazione, arranco sotto l'acqua ricordando i bei tempi in cui a Lambrate ci arrivavo a bordo del 33... (grazie anche a te Atm...)
Arrivo in stazione, compro il biglietto e attraverso il sottopassaggio, fino al caro vecchio binario 5. Lì mi viene un'idea geniale: salgo sulla banchina e mi sposto fino al margine della pensilina che riparava i poveri passeggeri dall'acquazone.
Sul cartellone sono segnati 5' di ritardo, ma non mi importa, in cuor mio sto già gongolando all'idea del mio viaggio da seduta. Infatti, non appena sento l'annuncio dell'arrivo del treno, mi sposto sotto l'acqua, dove non c'è nessuno. Sarò la prima a salire e mi siederò, sono sempre più contenta.
Poi vedo il treno che si avvicina e più si appropinqua più un dubbio mi assale, le carrozze sono quelle deitreni regionali, a due piani, strette, scomode, ma spt con molti più posti per vagone. Il che non significa più posti per tutti, ma semplicemente TRENO PIU' CORTO! e mentre ralizzo questo il treno mi supera, comincio a correre, arrivi alla carrozza di coda, chiusa. la supero e c'è la prima classe e finalmente un impestatissimo vagone di seconda, in cui non c'è un buco...
Morale tutto il viaggio in piedi bagnata e stravolta...

In stazione ciliegina sulla torta: nell'aprire l'ombrello questo si rompe e mi taglia la mano, sanguino un casiono e sul momento non so che fare. Una signora sulla sessantina, che sta parlando al cellulare, mi fissa e sorride, poi mi chiede si mi fa male, io rispondo di sì convinta che mi arebbe aiutato (se non altro con la valigia) e invece se ne va con il suo bl sorriso stampato in faccia! Stronza!

CARI ALLIEVE E ALLIEVI...

Riporto fedelmente (copia/incolla) la lettera inviata dal Magnifico (di titolo e di fatto) Rettore del Politecnico di Milano, Giulio Ballio agli studeni del Politecnico. e' un'analisi puntuale e obiettiva del perché i provvedimenti in materia di università e ricerca di questo governo saranno deleteri, anche per gli Atenei virtuosi (come il Politecnico).



Cari Allieve e Allievi del Politecnico di Milano,
In questi giorni ho ricevuto molti messaggi da parte Vostra.


In essi vi sono domande volte a cercare di comprendere meglio la
attuale situazione, sono espresse preoccupazioni per il futuro di Voi giovani e del nostro Ateneo. Siamo tanti, più di 2.500 fra docenti, tecnici e amministrativi, quasi 40.000 gli allievi: non possiamo certo riunirci tutti. Userò quindi il web per mettere a Vostra disposizione quello che so e che ho imparato in questi anni, presentandovi soprattutto i punti che non sempre appaiono chiari nel confuso dibattito che i media ci presentano. Cercherò di individuare i vostri dubbi e di rispondere alle vostre domande. Presenterò le mie opinioni e il percorso che stiamo intraprendendo, terminerò con alcune conclusioni.

I DECRETI GELMINI


Sulla stampa, in molti striscioni, nelle manifestazioni si richiamano DUE realtà completamente diverse: la proposta del Ministro Gelmini sulla Scuola elementare e la legge 133/08 relativa al contenimento della spesa pubblica, il cui testo ricalca le proposte del Ministro Tremonti. Vi intratterrò soltanto sulla seconda che riguarda anche le Università. La legge 133/08 sul contenimento della spesa riguarda tutte le amministrazioni pubbliche, dai Ministeri alle Regioni, dai Comuni alla Polizia, dalle Università a tutte gli innumerevoli enti che sono prevalentemente finanziati dallo Stato. Le riduzioni previste sono indistinte e colpiscono indiscriminatamente, senza considerare le differenze di funzioni, compiti e risultati delle varie tipologie di amministrazioni. Per quanto è relativo alle Università statali come la nostra, le due conseguenze più rilevanti di questa legge approvata prima dell'Agosto 2008 sono le seguenti: * una riduzione del finanziamento statale al sistema universitario (FFO = Fondo di Finanziamento Ordinario) a partire dal bilancio 2010 (quindi dal 1 gennaio 2010); * la drastica riduzione del turn over (ogni 10 persone che vanno in pensione, ne possono entrare soltanto 2 fino al 2012 e poi 5 dal 2013) * la possibilità di trasformare le università in Fondazioni di diritto privato.

IL FINANZIAMENTO STATALE DEL SISTEMA UNIVERSITARIO


Ogni anno la Finanziaria stabilisce l'ammontare del Fondo di
Finanziamento Ordinario (FFO), cioè i soldi che vanno al Sistema Universitario statale. Questa somma è a disposizione del Ministero che la ridistribuisce fra i differenti Atenei. La somma è cresciuta dal 1995 al 2005 ed è praticamente stazionaria da tre anni. Vale oggi circa 7 Miliardi di euro. La legge prevede una riduzione di circa il 20% in tre anni di tale somma senza considerare che, nel nostro Paese, il finanziamento alle Università è fra i più bassi di Europa. (Basta guardare i dati dell'OCSE). Bisogna combattere affinché tale riduzione non avvenga: ciò è reso difficile non solo dalla situazione economica mondiale che sta peggiorando di giorno in giorno, ma anche dalla disuniformità e dalla credibilità attuale del sistema universitario. Vi sono Atenei che hanno utilizzato bene la loro autonomia ed altri meno bene. Vi sono Atenei che hanno investito per migliorare i servizi agli studenti e le infrastrutture di ricerca, altri hanno soltanto assunto persone, talvolta calpestando il merito di altre. Ma non si può fare di tutta l'erba un fascio, altrimenti si finisce col dire che nulla funziona. Gli effetti del taglio di finanziamento possono essere ricondotti a due tipologie differenti. La prima riguarda quegli Atenei che hanno esagerato nelle assunzioni di personale ed oggi hanno un costo del personale che praticamente mangia tutta la loro dotazione statale (forse avete sentito dire che il rapporto fra spese di personale e FFO di ogni Ateneo non dovrebbe superare il 90%, che vi sono Atenei che hanno superato tale rapporto, che con gli adeguamenti stipendiali questo rapporto continuerà ad aumentare). Questi Atenei, se la legge venisse mantenuta inalterata, sono destinati, chi subito, chi fra due - tre anni a fallire perchè non saranno più in grado di pagare i loro dipendenti. La seconda riguarda quegli Atenei, come il nostro, che, pur avendo aumentato negli anni il loro personale docente, tecnico e amministrativo, sono stati attenti a non caricarsi da impegni di spesa troppo onerosi (il Politecnico di Milano ha spese fisse di personale pari al 67% di FFO a fronte di una media nazionale dell'86%) ed hanno utilizzato la differenza per investimenti in attrezzature, infrastrutture, creazione e miglioramenti dei servizi offerti. Di fronte a un taglio di finanziamento statale, questi Atenei non sono condannati al fallimento, ma dovranno ridurre spese e servizi. Chi, come noi, ha già fatto ogni tipo di razionalizzazione e di economia, dovrà cercare, in tutti i modi possibili, di mantenere la qualità di tutti quei servizi che vi fanno apprezzare il nostro Ateneo. Io confido che, a meno di cataclismi economici, il Governo dovrà rivedere le sue decisioni, almeno nei riguardi di quegli Atenei che hanno dimostrato di saper bene gestire le risorse loro assegnate. Se insisterà nella sua decisione, vorrà dire che il Governo desidera uccidere le nostre università, portando il nostro Paese a diventare vassallo di altre Nazioni, in particolare di quelle che molto stanno investendo in formazione e ricerca.

LA RIDUZIONE DEL TURN OVER


La riduzione imposta dalla legge per il turn over nasce forse da un
ragionamento meramente economico, ma non considera le conseguenze che sono devastanti per tutti. Il ragionamento è il seguente: riduciamo le persone, così riduciamo il costo degli stipendi e quindi compensiamo con tale riduzione il minor finanziamento. A supporto di tale ragionamento si portano i difetti del sistema: modalità di reclutamento non sempre irreprensibili, proliferazione di corsi di laurea istituiti per soddisfare più gli interessi dei docenti che le necessità formative degli allievi, scarsa presenza dei docenti negli Atenei, incapacità di auto governarsi correttamente, autoreferenzialità e mancanza di valutazione dei risultati. In fondo si è contribuito a creare uno slogan che purtroppo sta attecchendo nella opinione pubblica: le amministrazioni pubbliche sono costose e inefficienti, l'università è una amministrazione pubblica, quindi la università è inefficiente e sprecona. E' un ragionamento che combatto da 5 anni e che non è facile da contestare perché l'opinione pubblica è sempre più attenta agli aspetti negativi che le vengono presentati che a quelli positivi. Basta una truffa a un test di medicina in un Ateneo per dire che tutti gli Atenei stanno truffando, basta una assunzione chiacchierata per dire che tutti i concorsi universitari sono truccati, basta dire che una università ha scoperto un buco nel suo bilancio per dire che il sistema delle università pubbliche è fallito. Il gusto della generalizzazione purtroppo ormai caratterizza tutti, molti si accontentano di soli slogan, pochi amano ancora conoscere prima di parlare. La legge è devastante perché colpisce tutti indiscriminatamente e ingiustamente. Chi ha limitato il numero di assunzioni, chi ha fatto una programmazione attenta dei ricambi generazionali viene colpito irrimediabilmente. La legge colpisce drammaticamente tutti i giovani che oggi collaborano a vario titolo con i docenti (dottorandi, post doc, assegnisti di ricerca) e che contavano un giorno non troppo lontano di entrare in una posizione stabile in università. In definitiva si deve combattere per modificare la decisione legislativa perché è profondamente ingiusta, perché taglia le gambe al ricambio generazionale, perché colpisce le aspettative dei giovani, perché va esattamente nel senso contrario al riconoscimento del merito, perché indebolisce in modo irreversibile l'università che, senza l'immissione di giovani, diventerà vecchia e obsoleta nel giro di pochi anni.

LA POSSIBILITà DI TRASFORMARE LE UNIVERSITà IN FONDAZIONI


E' stato detto in molti interventi che l'articolo di legge che
consente alle università statali di trasformarsi in Fondazioni di diritto privato e non dice come e con la partecipazione di chi, che è talmente vago da essere non attuabile, che, con esso, si annuncia un cambiamento di strategia da parte del Governo nei riguardi del sistema della formazione e della ricerca italiano. Vediamo di ragionarci un attimo. Un Ateneo potrebbe trasformarsi in fondazione se, accanto allo Stato, intervenissero dei partners privati disposti a sostenere economicamente l'Ateneo. L'On. Mauro, vice presidente del Parlamento europeo, si è chiesto recentemente in un convegno: dove si può trovare un imprenditore così pazzo da caricarsi l'onere di contribuire finanziariamente alle spese correnti di un Ateneo o di una Scuola che, per definizione, non sono in grado di restituire utili? Quale privato può investire a fondo perduto? Si potrebbe pensare a una Fondazione che veda Stato, Regione, Provincia, Comune insieme a Fondazione Bancarie e Associazioni varie. Ci si dimentica che è necessario una quota di contribuzione privata maggiore del 50% per rendere "privata" una fondazione e quindi per renderla indipendente dalle regole imposte dal contenimento della spesa pubblica (i famosi parametri di Maastricht). E' oggi impensabile che le Fondazioni bancarie si sostituiscano in larga misura allo Stato per finanziare annualmente il sistema della formazione e della ricerca e quindi gli Atenei. Non vi sono altre alternative: in tutto il mondo le Università funzionano perché ricevono il loro prevalente fabbisogno finanziario o dalla Collettività Sociale o dalla contribuzione diretta degli Allievi. Nel primo caso l'Università si caratterizza come pubblica, nel secondo come privata (in Italia la prima è denominata statale, la seconda non statale). Il primo modello considera prevalente il vantaggio di avere formazione e ricerca a servizio della competitività della intera Comunità sociale. Il secondo modello considera prevalente il vantaggio del singolo (allievo o impresa) che riceve la possibilità di incrementare la propria competitività personale. In Europa è sicuramente prevalente il primo modello tanto che la quasi totalità di studenti universitari frequentano università pubbliche (in Italia sono oggi il 94%).

COSA FARE


Resta un anno per cercare di rovesciare la situazione e certamente
non si possono aspettare gli ultimi mesi del 2009 per riuscirvi. D'altra parte è evidente che azioni non coordinate non possono che essere inutili e controproducenti. Credo che ognuno, prima di partecipare ad una qualsiasi iniziativa, dovrebbe ragionare non in base ai propri sentimenti, bensì valutando razionalmente le possibili conseguenze. Mi spiego con un esempio: le attuali manifestazioni spontanee possono essere considerate esaltanti da chi vi partecipa per il loro forte impatto mediatico, ma il monitoraggio delle loro conseguenze sembra dimostrare che nella opinione pubblica sta crescendo il fastidio e quindi il rafforzamento delle posizioni più contrarie alla nostra università. Ciò rende ancora meno condiviso dalla maggioranza dell'opinione pubblica il tentativo di mitigare gli effetti della legge e di mantenere pubblico il nostro sistema universitario. Rende invece più condiviso qualsiasi atto teso a penalizzare i nostri Atenei. Quello che bisogna fare subito, tutti insieme, riguarda soprattutto la politica interna degli Atenei. E' quanto mai necessario che ogni Ateneo risponda, il più rapidamente possibile, alle critiche che vengono mosse in modo generalizzato, o per dimostrare di esserne esente o per modificare i propri comportamenti. Quali sono queste critiche? a) Le Università sono accusate di aver prolificato i corsi di laurea e gli insegnamenti per favorire i desideri dei docenti. Si deve rimodulare la didattica in modo da erogarla sempre più all'insegna del principio della effettiva centralità della formazione dell'allievo e delle sue concrete possibilità di trovare sbocchi lavorativi soddisfacenti. b) Le Università sono accusate di dissipare tempo e soldi in una ricerca inutile e costosa che serve soltanto alla carriera accademica di chi la produce. Si deve promuovere una ricerca sempre più al servizio della competitività internazionale del nostro Paese e quindi ci si deve battere affinché il Governo promuova il riconoscimento della qualità e del merito a seguito di valutazioni attendibili, analoghe a quelle ormai abituali in molti paesi europei. c) Le Università sono accusate di seguire processi poco trasparenti nel reclutamento dei giovani e nell'avanzamento di carriera dei docenti. Si deve promuovere un sistema di valutazione che porti a una qualità certificata da parametri obiettivi e procedure innovative nel reclutamento dei docenti e dell'inserimento dei giovani. d) Le Università sono accusate di aver prolificato a dismisura le loro sedi didattiche. Si deve promuovere una revisione della distribuzione a livello regionale o macroregionale della propria offerta formativa e della ricerca nell'interesse dei territori, anche sviluppando interazioni ed integrazioni forti tra Atenei in un'ottica di complementarietà; e) Le Università sono accusate di avere una visione corporativa nelle proprie modalità di governo. Bisogna testimoniare l'impegno di modificare il proprio assetto di /governance /interno per evitare derive autoreferenziali attraverso una netta separazione tra funzioni di indirizzo delle attività didattiche e scientifiche, e responsabilità di gestione delle risorse; f) Le Università sono accusate di non riuscire a verificare l'impegno dei propri docenti nella didattica e nella ricerca. Ci deve attivare per garantire sempre di più il rispetto di un codice etico di comportamento, anche misurando la produttività dei propri docenti Allora cosa fare verso l'esterno? Bisogna combattere per convincere tutti gli Atenei ad attivarsi in queste direzioni. Bisogna combattere perché alcuni imbocchino questa strada fin da subito, nella speranza di essere di esempio per gli altri. Bisogna mettersi in discussione di fronte al Paese all'insegna della trasparenza e dell'obiettività. Bisogna essere disponibili a confrontarsi con esperti del Ministero dell'Economia e delle Finanze sui propri bilanci e sui criteri di gestione adottati, superando ogni forma di autoreferenzialità. Come vedete bisogna imboccare una strada stretta, difficile e in salita che richiede l'impegno di tutti e soprattutto il rispetto delle Istituzioni di appartenenza. Il Politecnico di Milano, insieme ad altri Atenei, può già dimostrare di essere esente da molte delle critiche che vi ho sopra riportato e di aver già preso la decisione di attuare processi che gli consentano ulteriori miglioramenti. Noi, Rettori di questi Atenei, abbiamo il compito di combattere su diversi tavoli per fare in modo che il Governo possa riconoscere la utilità di queste azioni, per convincerlo a stipulare un "patto di stabilità", cioè un accordo di programma individualizzato Ateneo per Ateneo, che accordi un finanziamento dignitoso a fronte di precisi obiettivi da raggiungere nella didattica, nella ricerca, nella gestione.

CONCLUSIONI


Insieme ad altri Rettori sto combattendo in tutte le direzioni che
Vi ho delineato, ho bisogno dell'appoggio di tutti e soprattutto di Voi allievi. Se dovessero arrivare dal Governo segnali precisi di non disponibilità alla discussione sulla base delle linee che Vi ho indicato, allora sarà chiara la sua volontà di penalizzare anche gli Atenei più aperti al cambiamento ed i loro Rettori saranno costretti ad assumere tutte le iniziative necessarie per evitare la catastrofe dell'intero sistema universitario pubblico del Paese. Non possiamo perdere la battaglia volta a migliorare la competitività internazionale del nostro Paese, competitività necessaria per assicurare un futuro a tutti Voi. Resto a Vostra disposizione per approfondire i temi che più Vi interessano, per confrontarmi con Voi, convinto che soltanto attraverso il dialogo possiamo costruire un futuro sempre migliore del nostro Ateneo.

Giulio Ballio
Rettore




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LA CACCIA BIPARTISAN AI CONSENSI FACILI


Gian Antonio Stella firma un bell'articolo sul Corriere della Sera, in cui fa un excursus storico sul problema dell'introduzione del concetto di merito nel mondo della scuola.
Il sistema arranca da tempi immemorabili, basti pensare che già nel 1901 H. Bolton King e Thomas Okey scrivevano nel loro libro L'Italia di oggi "Dal 1860 ci sono stati 33 ministri della Pubblica Istruzione, ciascuno desideroso di distinguersi rovesciando l' opera del predecessore. Il danaro è stato lesinato; e lo Stato e i Comuni, prodighi in ogni altra cosa, hanno fatta economia nel più fruttifero degl' investimenti nazionali".
Sempre come ricordato da Stella, l'unico vero tentativo di introdurre un criterio meritocratico (un "premio" in busta paga a un insegnante su cinque) è stato quello di Berlinguer, nel 2000, e scatenò un'insurrezione popolare paragonabile a quella che si sta osservando in questi giorni, allora la parte politica che cavalcava l'onda era la destra.

L'articolo è molto ineressante e lo trovate qui.

L'unica cosa che stella non ha sottolineato a dovere, a mio avviso, è la differenza sostanziale tra la Riforma Berlinguer e il Decreto Gelmini (si tratta di un testo talmente limitato che non può e non deve essere chiamato riforma). Nel primo, l'ex-ministro dell'istruzione aveva dato un'idea organica di ristrutturazione del sistema scolastico e aveva trovato soldi da investire. Quello che stiamo vedendo oggi è semplicemente l'attuazione dei TAGLI decisi con la legge finanziaria, non cambia nulla se non il numero dei docenti, che non verranno ridotti in base al merito, ma semplicemente bloccando il turn-over. La classe insegnante non sarà migliore solo un po' più vecchia e ugualmente mal pagata.